Elvira racconta
Elvira racconta: Alfa Romeo Aviazione
1 MARZO, 2017
Un tuffo nel cielo

Dagli anni ’30 fino alla fine della seconda guerra mondiale, il settore aviazione si collocò al primo posto negli interessi dell’Alfa Romeo, anche se già il 1^ novembre 1910, un biplano, progettato e costruito dal disegnatore Antonio Santoni e dal meccanico Nino Franchini, equipaggiato con un motore A.L.F.A. da 36 CV si alzò in volo decollando dalla piazza d’Armi di Milano.

Nel 1917, ormai diventata Alfa Romeo per l’ingresso di Nicola Romeo, l’azienda ottenne dal Ministero della Guerra la prima commessa per la costruzione di motori per il potenziamento delle squadriglie di bombardamento.

Fino al 1932, l’attività dell’Alfa in questo campo, pur ottenendo numerosi record di velocità ed altezza, non uscì mai purtroppo dalla congiuntura; fu con l’arrivo di Ugo Gobbato, nel 1933, che iniziò il vero periodo dell’attività aeronautica dell’Alfa Romeo.

Le carte conservate nell’Archivio Storico Alfa Romeo e negli archivi di Ro ma rivelano una guerra accanita tra Fiat, Alfa Romeo e Caproni per le commesse del ministero dell’Aeronautica. Un dato acquisito è che la Fiat non era certo contenta dell’esistenza dell’Alfa Romeo, avrebbe preferito se non proprio la sua chiusura, almeno la cessazione della sua attività aeronautica, che a quell’epoca era la cosa che premeva di più alla Fiat per via del fatturato. La produzione di automobili di prestigio Alfa Romeo invece, non la preoccupava eccessivamente.

La Fiat era un potere economico e sociale che sfuggiva alquanto al controllo del Regime che era abituato a sostituire e fare assumere tutte le persone che voleva come aveva tentato di fare anche all’Alfa, secondo le carte conservate in archivio. Con la direzione di Gobbato, le cose cambiarono: non accettò imposizioni di sorta, non assunse parenti di nessuno ma solo operai e tecnici qualificati che riteneva di dover assumere. Tentò anche la strada degli accordi internazionali con la Citroen nel 1934, con Daimler Benz e con Man, sia per le vetture che per i camion e motori di aviazione, pensando evidentemente che con la Fiat non si potesse fare niente.

La nascita del reparto esperienze Avio risale al 1941 e, per farvi capire quanto fosse importante per Gobbato la qualità tecnologica, vi racconto un episodio riportato spesso dall’ingegner Giampaolo Garcea, che era entrato in Alfa nel 1935 come: “ingegnere addetto alle sale prova dei motori avio” :

L’ing. Tonegutti, responsabile del servizio, chiama al telefono Amleto Bossi (Capo responsabile delle sale prova motori avio, noto come “el Boss” ) e gli comunica: “Alle undici lei e Garcea in Direzione, l’ingegner Gobbato vuole parlarci”.

Gobbato non si fa attendere, tutto dura appena dieci minuti, durante i quali in piedi davanti ai tre convenuti, anch’essi in piedi, comunica le sue decisioni: “La sala prova motori di serie deve provare i motori di serie, ma i motori sperimentali devono essere provati in reparto apposito. Deve tutto essere controllato pezzo perpezzo e alla luce del sole, in modo che chiunque vi entri, sia pure il Ministero dell’Aeronautica deve restare a bocca aperta. A capo del reparto ho deciso di mettere l’uomo che ha più esperienze di tutti, il signor Bossi che sarà aiutato dall’ingegner Garcea perché ho notato che vanno d’accordo e sono bene affiatati. Quindi la pratica unita alla grammatica. Il vostro compito è di prendere delle gran nasate perché siamo tutti ignoranti e ciechi, quindi dopo una nasata da una parte e una nasata dall’altra, dovete indicarci la strada giusta”.

Il segreto del successo, Gobbato l’aveva capito: ordine, metodo, sistematicità e gli uomini giusti.

Il reparto avio non era distante dalla prima delle portinerie in Via Traiano, era situato alla fine di un lungo corridoio fra le due officine “Trento” e “Trieste”. Varcata la grande porta scorrevole, il frastuono che vi regnava era insopportabile, la parete opposta all’ingresso era praticamente inesistente, dava su un grande prato e poteva essere chiusa con delle saracinesche. Qui, rombavano giorno e notte i motori d’aviazione in prova, e qui, nell’estate del 1943 il motore a doppia stella Alfa 135 (l’ultimo è il più perfetto dei motori a doppia stella che siano mai stati costruiti al mondo) era pronto per una eventuale produzione di serie. I tedeschi ne sottoposero uno ad una prova standard massacrante alla quale non avevano resistito i motori francesi Gnome-Rhone, i tedeschi BMW e gli americani smontati da aerei abbattuti, tutti fatti fuori entro le 5 ore di prova, mentre l’Alfa 135 si fermò dopo 29 ore. Seguì un ordine di 500 motori al mese ma alla fine della guerra solo 50 motori erano stati prodotti. Intanto al Portello, il settore avio veniva smobilitato per far posto alla produzione di auto, i disegni di questo motore furono spediti a Pomigliano dove qualcuno ordinò che andassero al macero, mentre i 50 motori a magazzino vennero distrutti, tranne fortunatamente il prototipo esposto al Museo.

La maggior parte dei 16.000 motori avio prodotti sotto la gestione di Ugo Gobbato era su licenza Bristol. Si costruivano oltre ai motori, anche le eliche con pale in duralluminio, sia con passo fisso che a passo variabile in volo che raggiunsero la produzione totale di 6.000 unità nei vari tipi.

Il 1^ aprile del 1939 furono iniziati i lavori per la costruzione del nuovo stabilimento aeronautico dell’Alfa Romeo a San Martino, un’area compresa tra Pomigliano d’Arco e Acerra. Un complesso imponente e avanzatissimo per quei tempi, e non solo sul piano tecnico, ma anche su quello della funzionalità e della dimensione umana e sociale. Dotato di un aeroporto con pista di cemento assolutamente all’avanguardia, e strutturato su due piani, lo stabilimento era collegato tramite una lunga galleria alla stazione ferroviaria di Pomigliano, in modo da poter permettere l’accesso coperto alle maestranze. Furono costruite case per dirigenti ed operai con famiglia ed un albergo per gli scapoli, un asilo nido, un cinema, una biblioteca, e impianti sportivi, piscina compresa.

La scelta del decentramento al sud fu motivata dal fatto che si temeva che le industrie del settentrione sarebbero state esposte ai bombardamenti strategici provenienti dalla Francia, ma non fu così perché lo stabilimento fu pesantemente colpito il 14 febbraio del 1943 mentre erano al lavoro 8.500 operai e fu quasi distrutto il 30 maggio del 1943 quando centinaia di aerei americani lanciarono migliaia di bombe, cominciando da Pantelleria, proseguendo per Napoli, città martire, e continuando all’alba su Pomigliano mentre iniziava il primo turno di lavoro, ci furono morti e centinaia di feriti. I danni furono davvero ingenti, pochissimo fu salvato dalle incursioni aeree e dalle sistematiche distruzioni operate dai tedeschi prima di abbandonare Napoli.

Ma anche al Portello i bombardamenti del 14 febbraio e del 13 agosto del 1943 causarono la morte di operai, la perdita di lavorazioni e l’incendio di una quantità ingente di documenti storici e di disegni. Il terzo bombardamento del 20 ottobre 1944 fermò il battito del cuore rosso dell’Alfa.

Dopo la guerra, di aviazione in Alfa non si parlò più, le grandi sale prova dei motori diventarono di colpo silenziose. Nonostante tutti gli sforzi, la possibilità di vendita dei motori di aviazione erano praticamente nulle per le incertezze sull’attività dell’aeronautica nazionale, sia civile che militare. Si ripresero i contatti con la Bristol e si stipulò una convenzione con la quale l’Alfa diventava la sua rappresentante esclusiva per l’Italia per la durata di un anno. Fu, inoltre, incaricata della revisione dei motori Bristol venduti in Italia, e alla produzione di pezzi di ricambio.

Per sopravvivere bisognava riconvertirsi alla produzione di auto, di autocarri, insomma si doveva tornare ad una produzione di “pace”. Ciò avvenne facilmente senza scossoni grazie alla lungimiranza di Gobbato che, negli ultimi anni del conflitto, aveva fatto confluire nel Servizio Esperienze Avio, le attività degli altri Servizi Esperienze. I progettisti, arricchiti di tutte le conoscenze aeronautiche, cominciarono a sperimentare motori e telai di vetture, motori diesel, filobus, autocarri, gruppi elettrogeni e motori marini.

Dopo quasi sei mesi dall’ultimo bombardamento, per iniziativa della Metalmeccanica Meridionale in accordo con la direzione milanese dell’Alfa, gli impianti di Pomigliano cominciarono pian piano a riprendere l’attività di riparazione di motori d’aviazione e di carri armati fino al 1952 quando il tutto ripassò nuovamente nelle mani dell’Alfa Romeo. Alla fine degli anni 50, poiché l’attività produttiva aveva poche prospettive, ad eccezione della revisione di motori per conto dell’aviazione americana, si cominciò a studiare il trasferimento del montaggio di autocarri dal Portello a Pomigliano, e così nel 1962, l’attività produttiva dello stabilimento campano fu articolato in due sezioni: Avio e Autoveicoli e Motori Diesel. La sezione avio operava nel settore delle grandi revisioni di motori di aviazione e nelle costruzioni di parti di ricambio. Fu anche costituita, annessa allo stabilimento una scuola per la riqualificazione di operai e tecnici. All’inizio degli anni ‘70, nelle officine di Pomigliano si revisionavano motori di ben 17 tipi di aerei, si riparavano tutti i motori a turbina in esercizio sugli aerei dell’Alitalia, nonché su quelli di altre compagnie aeree italiane: Ati, Itavia, Alisarda, Vip-Air. Per le forze armate italiane, l’Alfa riparava i motori a pistoni Wright dei C 119, i turbomotori Rolls Royce, e la certificazione delle sue lavorazioni, da parte dell’Aeronautica Militare Italiana, del Registro Aeronautico Italiano, del Civil Registration Board e della Federal Agency, consentì all’Alfa di operare per qualsiasi ente aeronautico, civile e militare, italiano e straniero. Nel 1982, l’Alfa Romeo cedette alla società Aeritalia S.p.A il 10% della partecipazione nell’Alfa Avio, un ulteriore 60% del pacchetto azionario fu ceduto nel 1984 alla Aerfer che rilevò nel 1986 anche il restante 30% della partecipazione azionaria in possesso dell’Alfa Romeo. Nel 1996, la Fiat Avio acquisì il controllo dell’Alfa Romeo Avio che aveva un fatturato annuo di oltre 300 miliardi di lire, un utile operativo di 30 e 1.500 dipendenti. La cessione faceva parte del piano di dismissioni della Finmeccanica. Nel 2003, Fiat Avio con i suoi 14 stabilimenti, 9 centri di ricerca e oltre 5.000 dipendenti passò alla cordata formata dal gruppo Carlyle e Finmeccanica per un miliardo e mezzo di euro. Nacque così la società Avio, che continua ad essere gestita in campo tecnologico dalla Fiat anche dopo il passaggio al fondo europeo Cinven, avvenuto il 7 agosto del 2006. Operando sempre larghi anticipi sulle soluzioni tecniche, il contributo dato dall’Alfa Romeo nel settore aeronautico è stato davvero notevole così come lo è stato nel settore delle vetture e in quello delle corse automobilistiche.
Un’ occasione per ricordare una storia leggendaria e tutti coloro che hanno contribuito a creare il mito Alfa ma anche per attrarre e motivare nuove generazioni a tenere ancora vivo questo mito negli anni a venire.