PASSIONE

La mia Giulia Rossa

18 gennaio 2018

Luca Londi
Nato a Firenze il 20 maggio 1957, vive a Montelupo Fiorentino. Nella vita di tutti giorni è un pubblicitario. Nella vita Vera, uno scrittore. Di recente pubblicazione il suo secondo libro “Solo“, preceduto da “La Capriata”, edizioni L’Erudita.

E’ capitato di parlare con l’amico e scrittore Luca Londi della nostra recente esperienza al Motorshow di Bologna e della storia di un alfista in particolare. Questo racconto è uno sguardo commosso a una pagina drammatica della storia italiana, fatta di piccole e grandi perdite. L’unica cosa che non possiamo perdere è la memoria collettiva, per questo abbiamo pensato che uno scrittore fiorentino (si si lo sappiamo, Montelupino), potesse rendere al meglio questa pagina di storia alfista e italiana.

La Giulia Rossa di Luca Londi 

Il Motor Show è una vetrina scintillante, piena di colori, cromature, luci, grandi schermi che proiettano il futuro dell’automobile. Noi siamo un Museo, rappresentiamo il passato, molti potrebbero pensare che quel posto pieno di promesse e novità non sia il nostro posto.

Invece no, noi siamo qui con la passione e con la volontà di rendere omaggio al Made In Italy; molte delle auto di oggi ne devono fare di chilometri per poter far sognare come le nostre Alfa Romeo. E infatti ci siamo, col nostro stand, le nostre auto, la nostra Storia.
Forse la storia oggi non va di moda, ma la Bellezza attira ancora le persone, e nello stand entra un sacco di gente, giovani e meno giovani, anche ragazzi, affascinati delle linee senza tempo delle nostre Alfa Romeo.
Noi ne siamo orgogliosi, e vedere tutti questi uomini e donne di tutte le età che si avvicinano e cominciano a sorridere, di quel sorriso compiaciuto, di apprezzamento, appena accennato che si forma quando vedi la Bellezza. Si fermano in molti, gruppi d’amici curiosi, ragazzini schiamazzanti, coppie in cerca dell’auto dei sogni, gente con le borse piene di depliant. Vanno via tutti con quel sorriso di bellezza.

Sì, la bellezza non ha età, come le nostre Alfa.

A proposito di età, a un certo punto entra nello stand un signore. Cappotto grigio, sciarpa bianca, i guanti e il cappello in mano. È elegante, distinto, capelli bianchi ben curati, baffetti sottili, occhiali spessi, a occhio un ottantenne o giù di lì. Penso che lui potrebbe essere mio padre, mi piace pensarlo, mi mette fiducia. Si avvicina alla nostra Giulia 1600 Super Quadrifoglio Verde del ’64, uno dei nostri fiori all’occhiello. Nello stand c’è un momento di calma, mi allontano dal mio office e gli vado vicino. “Buonasera”. “Buonasera cara” mi risponde serio. Sorrido, non vorrei disturbarlo, ma sono curiosa. “Le piace la nostra Giulia?” “Sì, molto, vuole sapere perché?” “Certo, grazie!” Lui guarda me e guarda la macchina, si mette in tasca guanti e berretto e comincia a parlare.

“Ce l’ho avuta questa macchina, non questa proprio, una Giulia normale, bella, rossa. Lei non sa i sacrifici, le cambiali, ché allora usava pagarle così le macchine, un c’era il leasing.” Sento quella parlata toscana, quelle ci aspirate, la calata inconfondibile. Sorrido e chiedo: “Fiorentino?” “Sì, fiorentino di Firenze, che ora son tutti fiorentini ma unn’è vero nulla.” “Continui, mi diceva della sua Alfa Romeo Giulia Rossa.” “Ah, sì, era bella dicevo, e ci andavo in giro con la moglie e i figlioli oppure per lavoro, e mi garbava perché era sicura, stabile e sportiva, almeno per me. Poi arrivò il quattro novembre del sessantasei.

“Firenze era stata investita da una furia cieca, l’Arno aveva spazzato via tutto, migliaia di libri alla Biblioteca Nazionale, centinaia di opere d’arte in tutte le chiese e i musei…”

La mia Giulia rossa era parcheggiata nel cortile sotto casa, appena si potette scesi giù, la cercai, al posto della macchina c’erano solo acqua e fango, masserizie varie portate da chi sa dove, un albero sradicato, della macchina neanche l’ombra. Firenze era stata investita da una furia cieca, l’Arno aveva spazzato via tutto, migliaia di libri alla Biblioteca Nazionale, centinaia di opere d’arte in tutte le chiese e i musei, e anche la mia macchina. La cercai nel quartiere, macchine sfasciate a centinaia, in tutte le strade, in tutte le piazze, la mia no. Mi dissero che l’avevano vista in un campetto poco lontano, andai a vederla.

Un c’era più nulla dell’Alfa che m’ero comprato con fatica, era un ammasso di lamiere ammaccate e vetri rotti, pieno di fango, la tappezzeria resa inservibile dalla nafta, i sedili intrisi di tutto lo schifo del mondo.” Si gira e mi guarda: “Sa, io non l’ho più avuta una macchina bella come questa.”

Ha gli occhi lucidi, e forse un po’ anch’io. Mi giro per non farlo vedere, vado all’office e in pochi secondi sono di ritorno. “Senta, qui in fiera non posso farle fare un giro, ma se vuol montarci sopra, queste sono le chiavi.”

Mille visi, mille voci, mille discorsi, una fiera come il Motor Show è una giostra di gente che viene e va, poi la dimentichi. Ma quel sorriso sotto i baffi sottili, quegli occhietti che brillano da dietro gli occhiali, quell’uomo che monta sulla “sua” Alfa Romeo Giulia dopo cinquantadue anni che l’ha persa, io non me li scordo più.